La realtà e gli effetti inequivocabili del cambiamento climatico aprono il campo ad una nuova concettualizzazione del surriscaldamento globale, che si può sintetizzare nel concetto di crisi climatica. Questa espressione aiuta ad evidenziare la gravità e profondità dei cambiamenti biofisici in atto e a metterne in evidenza la relazione con l’esistenza umana e sociale. Infatti, le trasformazioni del clima sono dovute a specifici modi di organizzazione sociale ed ecologica che si sono resi egemoni nelle società contemporanee, primo fra tutti il modo di produzione capitalista. Dall’altro, i profondi effetti che il surriscaldamento globale avrà sulle società presenti e future non saranno né universali né neutrali. Le responsabilità, i danni e i rischi della crisi climatica sono distribuiti in modo ineguale. A pagare il maggiore prezzo sono infatti coloro che meno ne sono responsabili: i soggetti subalterni, vulnerabili e sfruttati.
Di fronte alle sfide della crisi climatica è necessario un cambiamento radicale dei modi di produrre, consumare e organizzare la vita nel suo complesso. Su questo punto c’è ormai un consenso relativamente unanime a livello di istituzioni nazionali e sovranazionali, della società civile e dei movimenti sociali. Tuttavia, divergenze radicali emergono nel pensare alle modalità per attuare una “transizione” verso modi di esistenza ecologici.
Da un lato, il capitale e la grande governance globale difendono da decenni la possibilità di perpetuare il modello socio-economico di sviluppo responsabile della crisi climatica. Si richiedono certamente forti cambiamenti sociali e tecnologici sia a livello della sfera produttiva che dei consumi, per esempio nei sistemi energetici, nella gestione dei rifiuti, nell’efficienza. Tuttavia, la logica che guida le politiche e gli immaginari “ecologici” della decarbonizzazione, dell’economia circolare, della finanziarizzazione e della digitalizzazione riproduce invece che interrompere il funzionamento del paradigma produttivista responsabile della crisi: al centro della politica economica resta l’economia in sé – col suo imperativo di crescere, produrre profitto e accumulare valore.
Dall’altro lato, i movimenti per la giustizia climatica, per il superamento del patriarcato e quelli che si oppongono alle forme tuttora coloniali del capitalismo globale sostengono che la crisi climatica possa essere affrontata soltanto scardinando questa logica egemone e sperimentando forme alternative di vivere, produrre, consumare e prendersi cura gli uni delle altre. In ciò, sono spesso guidati da immaginari anti- e post-capitalisti: interrogano alla radice le economie locali e globali, i modelli sociali, le aspettative e gli ideali di “buona vita”, le forme di relazione tra umani e con la natura non umana, le forme attuali di governo.
Soltanto un cambiamento radicale e “rivoluzionario” sembra offrire spiragli di speranza per vivere nella (e oltre la) crisi climatica secondo principi di giustizia, inclusività e rispetto per il vivente nelle sue diverse manifestazioni. Sono innumerevoli gli esperimenti che movimenti sociali e altre iniziative “dal basso” hanno saputo articolare per far fronte alle trasformazioni spesso catastrofiche che il cambiamento climatico impone: progetti che alla “resilienza” (termine ormai caro alla governance mainstream) affiancano forme di resistenza, conflitto e invenzione di nuovi modi di abitare il mondo.

Il progetto Occupy Climate Change (OCC!), finanziato dall’agenzia Formas e guidato dal prof. Marco Armiero e dall’Environmental Humanities Laboratory di Stoccolma, si è occupato tra il 2018 e il 2020 di studiare e mappare esperienze di risposta al cambiamento climatico a livello urbano, concentrandosi su quelle che avevano origine autonoma e “dal basso”. Le città coinvolte nel progetto iniziale sono state Malmö, Stoccolma, Istanbul, New York e Rio de Janeiro. Prendendo come punto di partenza il concetto, poco studiato, di loss and damage (perdita e danno), si è guardato al modo in cui simili iniziative rispondono alle perdite indotte dal cambiamento climatico e in tal modo reagiscono al danno, recuperandolo o reinventandolo. In tale contesto non sono interessanti soltanto le pratiche ma anche le forme di sapere e conoscenza che articolano il fare comune, come prefigurazione di relazioni nuove e nella possibilità di allargare le innovazioni sociali elaborate in nicchie relativamente ristrette a settori più ampi della società civile.
Parte importante di questo progetto di ricerca è l’idea che iniziative magari molto differenti ma che hanno obiettivi e orientamenti simili possano fare rete e costruire alleanze. Uno degli strumenti in questo senso è un atlante, un database globale chiamato – significativamente – The Map of the other worlds (La Mappa degli altri mondi). Sulla mappa è possibile visualizzare le esperienze identificate e studiate dal progetto, approfondendo le esperienze nelle singole municipalità.
La presenza di questa mappa è stata uno stimolo per una continuazione del progetto anche oltre il suo termine ufficiale, inaugurando una seconda fase: OCC! Goes global. L’idea è quella di coinvolgere quante più città possibili da tutto il mondo per creare nuovi “hub” e arricchire il database della Maps of other worlds con iniziative e immaginari dentro e oltre il cambiamento climatico. La mappa è popolata da due tipi di voci: “schede” che descrivono esperienze e mobilitazioni dal basso in risposta alla crisi climatica; storie brevi in cui gli abitanti delle città sono chiamati a immaginare il luogo in cui vivono nel 2200. Si tratta di uno sforzo che darà la possibilità di far dialogare voci, immaginari ed esperienze tra loro estremamente differenti. Le scienze umane e sociali in campo ambientale diventano così un luogo dove tessere alleanze, rimandi ed esplorazioni reciproche per alimentare visioni radicali di futuro.
È a questo punto che OCC! incontra il dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento. L’idea è di coinvolgere gli e le studenti dell’ateneo nell’arricchimento dell’atlante digitale del progetto, a cui potranno contribuire secondo le proprie inclinazioni. Anche grazie all’istituzione di un tirocinio dedicato, l’Università di Trento contribuirà alla mappatura globale di immaginari e sperimentazioni dentro e oltre la crisi climatica. Inoltre, Trento diventerà uno degli “hub” di OCC!, per esplorare e rendere visibili gli immaginari e le speranze di futuro locali.

Entrare a far parte di questa rete globale è un’occasione di arricchimento per gli e le studenti dell’ateneo anche perché hanno e avranno in futuro la possibilità di partecipare a seminari internazionali e altri momenti di studio e approfondimento. Potranno confrontarsi con studiosi che da decenni studiano la realtà della crisi climatica globale, i conflitti ambientali e la giustizia climatica – oltre a temi quali decolonialità, pedagogia critica e metodi di ricerca innovativi. Inoltre, i seminari sono occasione di incontro con studenti da tutto il mondo, con cui poter condividere le proprie esperienze di ricerca e sensibilità.
Ad oggi, le studenti coinvolte nel progetto sono tre, sotto la supervisione della dott.ssa Alice Dal Gobbo. Il loro lavoro si focalizza su ambiti molto diversi che rappresentano differenti “anime” del progetto OCC!:
1) Un tirocinio co-organizzato dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale e dall’EHL si occupa di costruire e rafforzare il legame tra le due istituzioni e di produrre dati per la Mappa degli altri mondi. La studente si occupa di raccogliere storie di futuro scritte da giovani trentini e di mappare iniziative urbane “dal basso” in risposta alla crisi climatica. Ciò darà la possibilità di gettare uno sguardo sulla realtà composita degli immaginari e delle pratiche attuali di conflitto e costruzione. Inoltre, nel partecipare all’implementazione della mappa, la studente acquisirà abilità nelle digital humanities. Dal tirocinio prenderà corpo una tesi di laurea triennale.
2) Una tesi triennale in Sociologia si dedica allo studio del progetto UniCittà Nutrire Trento. Questa iniziativa verrà letta secondo le lenti del progetto OCC!, come possibile risposta alle trasformazioni della crisi climatica in ambito agricolo e alimentare: se le forme industrializzate di produzione e consumo sono tra i maggiori responsabili del cambiamento climatico, quali alternative sostenibili si possono costruire “dal basso” per mitigare e affrontare il cambiamento climatico? La studente redigerà anche una scheda su Nutrire Trento per la Mappa degli altri mondi.
3) Nell’ambito degli Studi Internazionali una studente di triennale studia un conflitto ambientale in Namibia, legato in particolare ad un progetto di estrazione di petrolio nel delta dell’Okavango. La ricerca si confronta con molteplici attori: attivisti, imprenditori nel turismo sostenibile, istituzioni. L’obiettivo della tesi è mappare le dinamiche che segnano questo progetto estrattivo e di leggerle alla luce delle dinamiche nazionali e internazionali di potere: il grande capitale fossile transnazionale supportato da uno stato lontano dalle popolazioni locali, le opposte istanze indigene e le differenti mobilitazioni conservazioniste o per la giustizia ambientale. Anche questa tesi produrrà una scheda per arricchire la Mappa degli altri mondi.

Il nuovo governo Draghi pone, in linea con le priorità europee, la transizione ecologica al centro della ripresa post-Covid19. Decenni di ricerca teorica e pratica nell’ambito della crisi ambientale e delle mobilitazioni socio-ecologiche hanno evidenziato che tale transizione, lungi dall’essere una questione meramente scientifico-tecnologica, è inevitabilmente attraversata da tensioni politiche, sociali e culturali: non quindi questione neutrale da affrontare con sguardo oggettivo e distaccato, ma piuttosto istanza conflittuale, lacerata e lacerante, dove interessi di potere e materiali si intrecciano a narrazioni e pratiche collettive, discipline, immaginari e desideri soggettivi, spazi di antagonismo. Le forme del sapere e le voci a cui esse danno spazio e visibilità sono altrettanto poco neutrali: contribuiscono a creare e plasmare le traiettorie di futuro che le nostre società si apprestano ad imboccare di fronte alla crisi climatica e al danno ambientale più in generale. Il coinvolgimento in un progetto internazionale dove interrogare criticamente questa trasformazione, a cavallo tra scienze umane e sociali e con strumenti di ricerca innovativi, è un’occasione importante di arricchimento non soltanto per le studenti dell’Università di Trento direttamente coinvolte, ma per tutti e tutte coloro che volessero prendere parte al percorso di riflessione che inizia con questa collaborazione.